Quando è utile?
COPROCOLTURA nel cane e nel gatto
Si esegue preferibilmente in animali che presentano una sintomatologia gastrointestinale acuta, di diarrea del tenue, del crasso o mista.
La copro
coltura è consigliata nei soggetti con diarrea anche emorragica con piressia e
o leucogramma di tipo infiammatorio, oppure per la presenza di neutrofili
all’esame citologico delle feci.
Bisogna
precisare che la popolazione microbica fecale sulla quale andremo ad effettuare
l’esame è in pratica rappresentativa della sola componente colica, in quanto la
popolazione dell’intestino tenue è scarsamente rappresentata.
La ricerca degli agenti patogeni deve essere correlata alla sintomatologia clinica.
Una coprocoltura per alcuni versi può risultare paradossale;
- Perchè è l’analisi di un campione che sappiamo già essere positivo, perché normalmente ricco di batteri, con diverse esigenze colturali ma che nell’intestino crasso trovano un’habitat comune. In vitro utilizzeremo queste differenze per un’isolamento mirato.
- Un altro paradosso è che con discreta probabilità isoleremo i batteri patogeni che cerchiamo, senza che questi siano responsabili di patologia (es E. coli, Enterococchi) quindi; l’interpretazione e lo studio dei risultati insieme alla tecnica di isolamento e ai dati clinici e anamnestici costituiscono tre step fondamentali.
Con l’esame coprologico andremo ad isolare Campylobacter, E. coli, Salmonelle, Clostridi, davvero un ristretto numero rispetto alla complessità del microbioma intestinale.
Salmonella
Vari siero gruppi di Salmonella costituiscono la flora commensale di rettili e volatili. Nei mammiferi domestici e più particolarmente nel cane e gatto l’isolamento si riduce ad un reperto poco più che occasionale (la maggior parte degli autori la attesta al 2% circa) e può essere influenzata dalla dieta a base di carne cruda o poco cotta, magari con carne di pollame. L’isolamento richiede terreni selettivi e appositi test biochimici e/o prove sierologiche sono necessarie per la tipizzazione e la valutazione del sierotipo per valutare il grado di patogenicità, che insieme alla valutazione della carica batterica e come già sottolineato, ai dati anamnestici, possono essere un criterio valido ma non sempre sufficiente alla diagnosi di Salmonellosi. Inoltre sono necessarie tre coprocolture perché i campioni possano considerarsi negativi per Salmonella, con un intervallo di confidenza del 90%.
Salmonella può richiedere una particolare cura nel trasporto, in quanto mal sopporta condizioni di acidità che potrebbero crearsi nel trasporto delle feci raccolte. Per ovviare a tale inconveniente si possono stemperare le feci con un po di ringer lattato, oppure usare terreni Amies con carbone prima di inviarle al laboratorio.
Per meglio
comprendere la patogenicità di Salmonella è necessario definirne gli aspetti
tassonomici e microbiologici. Le Salmonelle sono batteri che infettano e vivono
come commensali in una vasta gamma di animali da quelli a sangue caldo a quelli
a sangue freddo, perfino insetti. Per la loro distinzione e comprensione del
grado di patogenicità è indispensabile una classificazione. Questa sarà
indispensabile per la classificazione dei sierotipi. La classificazione prevede
la tipizzazione dell’antigene somatico O e flagellare H, tramite prove di siero
agglutinazione.
Alcune
specie di Salmonella sembrano essere specie specifiche in quanto si isolano con
costanza dalle stesse specie animali.
ES: di sierotipi di Salmonella con specificità di ospite
- abortus equis e ovis rispettivamente da cavalli e ovini
- dublin nei bovini
- pollorum e gallinarum nel pollame
- choleraesuis nei suini
Raramente choleraesuis e dublin provocano malattia nell’uomo e in altri animali. I rimanenti sierotipi di Salmeonella non mostrano specificità d’ospite e sono ugualmente patogeni per diverse specie animali. Le Salmonelle possono avere un diverso grado di virulenza e la capacità di causare patologie varia da semplici forme enteriche a malattie sistemiche come il tifo causato da Salmonella thypi, che tuttavia non risulta particolarmente patogena per gli animali. La Salmonella maggiormente isolata dagli animali e uomini malati è la typhimurium.
Campylobacter
Studi condotti in Gran Bretagna riportano come dato statistico l’isolamento di Campylobacter spp nel 30 % dei campioni fecali. Campylobacter upsaliensis è il tipo maggiormente isolato nei cani con o senza sintomatologia, C. coli è stato isolato in gatti con e senza fenomeni diarroici. Allo stato dell’arte la specie con più alta patogenicità, è il C. Jejuni. Si può facilmente comprendere quanto sia importante la tipizzazione di specie, per non considerare qualsiasi positività di rilievo clinico e suscettibile di terapia antibiotica.
L’isolamento di genere è possibile con le tradizionali tecniche microbiologiche altrettanto non si può dire per la tipizzazione. Infatti per questo ulteriore step è necessaria la PCR. Un’altra problematica legata all’isolamento di Campylobacter è il trasporto del campione e alla possibilità che questo batterio arrivi in condizioni di poca vitalità alla lavorazione. Sarebbe ideale una semina che avvenga il prima possibile.
Clostridi
I Clostridi sono Batteri anaerobi Gram positivi, sporigeni. La sua importanza nelle infezioni degli animali domestici d’affezione è in questo momento amplificata, come per la medicina umana dall’uso di antibiotici e al trattamento nosocomiale degli animali. Le specie più importanti sono il C. difficile e il perfrigens.
Il C. perfrigens presenta delle caratteristiche che ne rendono particolarmente complicata la valutazione clinica in quanto un isolamento microbiologico è si possibile ma di nessun rilievo in quanto presente come commensale nella flora di cani e gatti. E’ considerato come responsabile di diarrea nosocomiale che compare poco dopo giorni dal ricovero, questo è un dato da tener presente nelle indagini per la valutazione sull’impatto clinico di questo batterio. Responsabile della diarrea è la tossina da esso prodotta, C. perfrigens Entrotoxin (CPE), che viene rilasciata in fase di sporulazione dalla distruzione del soma batterico, anche se non è sempre così. Questa tossina è codificata dal gene cpe.
Clostridim difficile è anch’esso isolabile con una frequenza elevata in feci di cani e gatti sani e malati, le infezioni sono rare. La patogenicità del batterio si lega necessariamente all’esotossina A e alla citotossina B, si può determinare la presenza di queste tossine con tecnica ELISA. Ma anche in questo caso la presenza delle tossine non è necessariamente legata a sintomatologia.
Aspetti diagnostici
Le indagini in PCR sono in grado di identificare con straordinaria sensibilità e specificità i genotipi dotati di gene cpe ma anche in questo caso l’informazione non è di nessuna utilità, in quanto una buona percentuale dei sani, 20% può presentare Clostridi portatori di tali geni. Un altro metodo semplice ed immediato per l’identificazione di Clostridi è la colorazione che può mettere in evidenza un buon numero di spore. Comunque queste sono rilevate anche in animali senza alcun segno clinico caratteristica che rende poco valida anche questa procedura.
Oltre quanto appena detto, non tutti i batteri in sporulazione producono tossine e la presenza della stessa e rilevata, in assenza di spore, in animali sani e malati. Metodiche ELISA per rilevare la presenza di tossine, è abbastanza sensibile ed accurata, ma il significato rimane relativo e poco utile per quanto specificato su.
Sarebbe forse utile la raccolta e il confronto di più dati, quali;
- l’anamnesi (tempo e modo di insorgenza della diarrea)
- la presenza di più di 6-7 spore ad alto ingrandimento (100X)
- la presenza di tossina per migliorare lo “score” diagnostico.
L’ELISA per la rilevazione di tossine, resta un test poco specifico ma la presenza di tossine in presenza di sintomatologia va sicuramente tenuto in considerazione. Ai dati su riportati va associato come dato anamnestico l’uso di antibiotici e l’insorgenza di sintomatologia in sede nosocomiale.
La PCR è sicuramente un metodo eccellente di identificazione del batterio, anche di quelli portatori di geni che producono tossine patologiche, ma la presenza di questi genotipi non è correlata necessariamente alla patologia.